L’epopea dei monaci irlandesi raccontata da Enzo Farinella
L’epopea dei monaci irlandesi raccontata da Enzo Farinella
A Grottammare la presentazione del libro "Sulle strade del mondo", a cura del giornalista e studioso
Grottamare, 09 Maggio 2015 (ZENIT.org) Nicola Rosetti | 107 hits
Sabato 2 maggio alle 21.15 presso il salone Sacro Cuore della Parrocchia Sant’Agostino si è svolta la presentazione del libro Sulle strade del mondo di Enzo Farinella, collaboratore dell’Ansa e corrispondente di Radio Vaticana in Irlanda.
Il Dott. Farinella, originario della Sicilia, ma da oltre 40 anni residente a Dublino, sta concentrando tutte le sue forze per far conoscere una pagina di storia spesso molto sottovalutata, non solo in Europa, ma nella stessa Irlanda. Attraverso una serie di libri, alcuni già scritti, altri in cantiere, Farinella sta facendo riscoprire il contributo che il monachesimo irlandese ha portato all’intera Europa.
Il vecchio continente infatti, fra il V e l’XI secolo diventò cristiano grazie a tre fattori: la conversione dei re, il monachesimo benedettino e quello irlandese. Caratteristica di quest’ultimo fu la peregrinatio pro Christo: migliaia di monaci lasciarono la loro terra per diffondere il vangelo nel Europa continentale.
Fra questi possiamo ricordare San Colombano che, partito dal monastero di Bangor, attraversò la Francia, la Svizzera per concludere la sua vita a Bobbio, dove ancora riposano i suoi resti mortali. Durante la sua peregrinatio, fondò monasteri che, oltre a essere luoghi di preghiera, divennero importanti centri culturali: basta pensare che Bobbio è stata definita “la Montecassino del Nord”.
È sorprendente notare come i monaci irlandesi, ispirati dai valori del Vangelo, furono antesignani di molti temi che oggi sono al centro del dibattito pubblico. Fra i molti esempi che si potrebbero fare, il Dott. Farinella ha citato quelli di Adamnano e di Cutberto.
Il monaco Adamnano, che fu abate del monastero di Iona, a quel tempo uno fra i più importanti centri culturali e religiosi d’Europa, nel 697 emanò la Lex innocentium che proibiva di colpire donne, bambini e quanti non fossero strettamente coinvolti nelle operazioni militari in caso di guerra. Si tratta della prima forma di quello che oggi chiameremmo diritto umanitario i cui principi sono enunciati nella Convenzione di Ginevra (1949).
Invece il monaco Cutberto di Lindisfarne, ha ricordato ancora Farinella, è noto per aver emanato la prima legge a tutela dell’ambiente. Infatti in un suo scritto del 675 cercò di proteggere l’edredone, un volatile che, proprio in ricordo del nostro monaco, viene chiamato “uccello di Cuddy”. Esso nidifica ancora nei pressi del monastero di Landisfarne ed è diventato il simbolo di tutta la regione britannica.
Non essendo stata colonizzata dai romani, l’Irlanda vide diffondersi il cristianesimo senza il martirio. Quello che i romani non riuscirono a fare con le armi, i cristiani lo fecero con la forza della fede: in pochi anni tutta l’isola fu conquistata a Cristo.
Purtroppo però, ha osservato ancora Farinella, nella storia irlandese non sono mancate vicende molto dolorose, soprattutto a causa dei vicini inglesi che hanno occupato per secoli l’isola. Come è anche descritto nel libro, gli inglesi arrivarono a premiare con cinque sterline chiunque avesse portato la testa di un prete o addirittura con 10 sterline chi fosse riuscito a decollare un vescovo.
A proposito di vescovi, molti di essi furono reclusi nel XVII secolo nella colonia penale di Inisbofin. Il vescovo si Clonfert, Walter Linch, riuscì a fuggire e portò con sé un quadro della Madonna e giunse a Györ, in Ungheria. Questa tela, che ancora oggi si può ammirare nella cattedrale, il 17 marzo 1697, nel pieno della persecuzione contro gli irlandesi, pianse sangue.
Da quanto si è detto, si comprende come un po’ ovunque in Europa sia possibile trovare tracce della presenza dei monaci irlandesi. La riscoperta di questo importante apporto ci farà sicuramente sentire un po’ più europei.